INTRODUZIONE
DOI:
https://doi.org/10.13136/thau.v2i0.8Keywords:
etica, passioni, Cusinato, Napolitano, Migliori, pathosAbstract
Legare in una ricerca problematica l’etica e le passioni esigerebbe forse, quale mossa preliminare, una qualche giustificazione dell’uso di questa parola, “passioni”; oppure, in seconda battuta, un’indagine semantica che ne fondi un impiego a ragion veduta, rispetto ad altri termini pure possibili e altrettanto diffusi, quali “emozioni”, “sentimenti”, “affetti”. Rinunciando a riproporre o a riaprire un dibattito in merito ormai amplissimo, la nostra scelta si è orientata (relativamente al titolo) sul termine più datato ma, in qualche misura e nel senso che diremo, anche archetipico: “passione” dunque, termine figlio di quel pathos che già nella Grecia antica è oggetto di largo e articolato approccio, in sede letteraria come filosofica. Il legame del sostantivo pathos col verbo paschein, il “patire” o “soffrire”, che sigla l’intensità del suo darsi non meno che – spesso – l’inattrezzata inermità dell’essere umano alla sua forza, non esclude però due aspetti che a noi paiono sostanziali per il tipo di ricerca che, in questo numero 2 di «Thaumàzein», proviamo a proporre. Il pathos greco-antico mai è ridotto al versante solo cognitivo del suo manifestarsi al soggetto (so che sto desiderando, amando, odiando, invidiando, etc.), ma – ben diversamente da quanto sancito in valutazioni intellettualistiche tanto diffuse quanto superficiali – prevede un coinvolgimento della dimensione sia affettiva che cognitiva e, di conseguenza, esige una riflessione articolata sul tipo di esperienza globale che questo complicato intreccio fra conoscere e sentire volta a volta determina.Downloads
Published
2014-11-22
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Articles
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